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LA GIUSTIZIA MERITA UNA RIFORMA

Stefania Craxi: invece il governo Renzi preferisce giochicchiare con una guerriglia di parole La giustizia meritava una riforma nella quale precisare ruolo e limiti della magistratura.
Già deputato e sottosegretario agli Esteri col Pdl, Stefania Craxi, milanese, classe 1960, oggi guida il movimento dei Riformisti italiani, piccola (per adesso) rassemblment presidenzialista che s’ è già affacciato alle regionali liguri, sostenendo Giovanni Toti.
Non è di questo, però, che vogliamo parlare con lei oggi, ma del nuovo conflitto che parrebbe alle viste in questo paese fra politica e giustizia, guardando con attenzione alla inchiesta potentina che ha obbligato Federica Guidi alle dimissioni. E la Craxi, per storia familiare, sull’ argomento non è stata mai reticente.

Domanda. Con l’ inchiesta di Potenza si ricomincia a parlare di una magistratura che vuole regolare i conti con la politica.
Che glie ne pare?
Risposta. La questione è assai complessa.
D. Proviamo a sviscerarla.
R. Beh allora le dico che, purtroppo, non bastano proclami né tantomeno piccoli interventi legislativi, che mai vedranno luce, per affrontare una degenerazione di sistema.
D.Vale a dire?
R. Lo squilibrio tra i poteri dello stato ha radici antiche. Il problema andava quindi affrontato e risolto in nuce, intraprendendo con serietà la strada maestra delle riforme istituzionali. Dopo un ventennio di storture e di derive, l’ appuntamento delle riforme, avrebbe dovuto rappresentare l’ occasione utile per dipanare i nodi insoluti della infinita transizione italiana.
D. Facciamo degli esempi?
R. Dal conflitto tra i poteri dello Stato alla stessa forma di governo, ripristinando quello equilibrio costituzionale perduto e rigenerando la vita democratica ed istituzionale.
D.Invece?
R. Invece si è scelta un’ altra strada, si è scelta l’ avventura, con la propaganda come bussola e l’arroganza come metodo, partorendo così un testo che non affronta nessuno dei mali italici, salvo poi gridare, nel momento degli scandali, al golpe bianco della magistratura.
D.Dov’è ilpunto?
R. Che i nostri governanti non si rendono conto di essere loro stessi espressione di una politica debole. Una politica che ha perso la sua funzione guida, il suo primato, alla mercé di poteri terzi ed invasivi, che non ha quindi le carte in regola per affrontare una battaglia di cambiamento in cui non  sono consentiti scheletri negli armadi e mezze verità. Manca una visione, prevale l’oggi, non vi è un afflato di futuro.
D. In questa vicenda, però s’ intrecciano altri aspetti, anche storici: Piercamillo Davigo, uno dei protagonisti di Tangentopoli, arriva alla guida dell’ Anm, per acclamazione, ossia superando di colpo le famose divisioni correntizie delle toghe. Un segnale dello scontro imminente?
R. Il problema correntizio interno alla magistratura è un ossimoro.
D. Cioè?
R. Davigo, com’ è noto, appartiene alla corrente e agli ambienti meno «riformisti» ed innovativi della casta magistrale. Non è certo un segnale positivo, non per la politica o per il Governo, ma per i cittadini e la giustizia italiana la cui credibilità, specie in campo internazionale, è seriamente minata.
D. Andiamo avanti.
R. Purtroppo, bisogna prendere consapevolezza che, al netto delle piccole beghe interne, che la dicono lunga sulla lotta di potere in atto, non si riscontra in quel mondo, al netto di rare eccezioni, una visione consapevole del ruolo della magistratura e della necessità di riformare il sistema giudiziario nel suo complesso. Questo, seppur inaccettabile, è però comprensibile.
D. Che cosa non lo è?
R. L’ atteggiamento della politica e di una sinistra chiusa e ottusa che affronta fintamente il problema, poiché il debito che lega vecchie e nuovi personaggi ad alcuni settori della magistratura non è ancora stata saldato. Ci faccia caso. Lo scontro interno alla magistratura rispecchia lo scontro in atto tra i rispettivi «protetti» politici. Una parte indaga i nemici dell’ altra. E viceversa. Il tutto…
D. Il tutto?
R. Il tutto mentre i cittadini, imprenditori, sono vessati da un sistema inefficiente e attendono giustizia. Una vergogna!
D. In passato, mi pare anche quando la intervistai, un anno e mezzo fa, lei ha sempre rifiutato in maniera risoluta l’ accostamento di Matteo Renzi e il suo riformismo, a suo padre Bettino Craxi. Oggi, anche alla luce di queste tensioni con le toghe, è dello stesso parere?
R. È un accostamento che non mi fa arrabbiare, semmai mi fa sorridere perché gli sviluppi politici, l’ azione di governo, la qualità del linguaggio, della visione e dei provvedimenti adottati, dicono l’ opposto. E poi, al netto di qualche scopiazzatura su le battute «referendarie» e di qualche copia­incolla nei testi degli interventi, vedi «democrazia decidente» anziché «democrazia governante», l’ azione di Renzi non rispecchia in nulla quella di Craxi.
D. Quali le maggiori divergenze?
R. Vogliamo parlare di politica estera, dal Mediterraneo passando per le questioni europee? Qual è il ruolo dell’ Italia di Renzi e qual era il ruolo dell’ Italia di Craxi? Oppure della riforma della giustizia? Craxi ne parlava in termini di grande riforma delle istituzioni, qui siamo in presenza dell’ oggetto del mistero e di propaganda. Si ricorda lo slogan di «una riforma al mese» nella conferenza di insediamento, quella delle famose slide, di Renzi?
D. Come no?
R. Beh, quella della giustizia si sarebbe dovuta fare a giugno, ma a giugno 2014! E poi, io sono rispettosa delle scelte altrui.
D. A che riguardo?
R. Renzi, per sua stessa ammissione, lo fece in tv da Fabio Fazio, guarda a Enrico Berlinguer, un grande leader della sinistra, che però nulla c’ entra con il riformismo. Perché attribuirgli etichette che non gradisce? E mi faccia dire un’ altra cosa. In questo, almeno, trovo sia coerente e che in parte gli somigli allo stesso Berlinguer, semmai..
D. Ossia?
R. Come il leader del Pci parla spesso di morale, finanche di opportunità, vedi le dimissioni di taluni ministri, ma ora scopriamo che a Palazzo Chigi è arrivata una nuova «merchant bank» che, se pur malamente, parla inglese. Qualcuno mi dovrebbe spiegare dov’ è tutta questa moralità
D. Banca d’ affari o meno, lo vedremo, ma ora si riparla di intercettazioni e del loro uso. Non solo, sono usciti anche dossier anonimi, pubblicati solo per il fatto che fossero agli atti. Quali dovrebbero essere i limiti per Procure e informazione, secondo lei?
R. Il problema è all’ interno delle procure. E sia chiaro che non riguarda certo gli uscieri o i cancellieri!
D. E dunque?
R. È lì che bisogna agire e sanzionare con buona pace del Consiglio superiore della magistratura. Non ho mai visto intercettazioni o atti d’ inchiesta trapelare ed essere pubblicati in presenza di magistrati seri e rigorosi, o quando queste interessavano determinate «personalità». La verità…
D. La verità?
R. È che, oltre alle questioni ed alle ragioni più squisitamente politiche, si è imposto, vedi anche nei casi di cronaca nera, il «processo show». Il tutto ha avuto origine con Tangentopoli, con le udienze trasmesse in prima serata a mo’ di gogna mediatica. Poi, è stato tutto un crescendo.
D. Segno dei tempi?
R. Oggi, la spettacolarizzazione e la mediaticità dei processi consegna ai magistrati gli onori delle prime pagine, la ribalta mediatica, il loro personalissimo reality in cui, a fare le spese, sono il diritto, le garanzie di difesa, la tutela dell’ imputato. In un contesto del genere, anche un’ assoluzione piena, equivale al una condanna ed alla morte civile. La riabilitazione giudiziaria non corrisponde mai a quella umana e civile. Uno scempio da paese da terzo mondo.
D. Oltre al tema intercettazioni, c’ è ancora una questione giustizia più complessiva?
R. La questione giustizia resta il tema tra i temi. Non c’ è Stato di diritto, non c’ è libertà e democrazia, senza una giustizia degna di questo nome. E poi sono i cittadini, gli investitori stranieri e gli stessi operatori del diritto, confortati dai dati, ad indicare che siamo in presenza di un sistema al collasso. E poi, senza girarci intorno…
D. Mi pare che non lo stia facendo…
R. I primati negativi dell’ Italia sul funzionamento della giustizia sono dovuti anche all’ atteggiamento dei giudici, caratterizzato da un mix di impunità e politicizzazione senza simili tra le moderne democrazie occidentali. Si parla di meritocrazia, eppure, dopo 27 anni di servizio, tutti i magistrati raggiungano, indipendentemente dagli incarichi svolti e dai ruoli ricoperti, la massima qualifica di carriera possibile! Per non parlare della responsabilità civile.​

D. E quindi, che cosa manca?
R. È evidente che la riforma del Csm è inevitabile. Eppure, sente qualche presunto «riformista» della maggioranza di Governo parlarne?
D. A proposito di Governo, oltre alla giustizia, che giudizio dà sull’ azione dell’ Esecutivo? Quando ci sentimmo, era già piuttosto severo? Ha cambiato idea?
R. Guardi, se allora poteva sembrare figlio del pregiudizio, visto il breve arco temporale d’ azione, oggi, invece, parlano i fatti, gli indicatori economico­sociali e la stessa Europa, da molti santificata ed innalzata a totem all’ epoca dei governi di Mario Monti e Silvio Berlusconi.
D. Cosa non le piace?
R. C’ è un’ azione irresponsabile sui conti pubblici, con marchette elettorali e propagandistiche, che non aiutano la crescita economica del nostro paese e dilapidando il bonus derivante dalle positive congiunture internazionali. Per non parlare del ruolo internazionale dell’ Italia. Non svolgiamo, nelle crisi in atto, nessun ruolo primario.

D. Pensa alla Libia?

R. Per esempio. Qui Renzi ha chiesto direttamente a Obama il ruolo guida, salvo poi ritornare sui suoi passi e senza rendersi conto che, a poche miglia dalle nostre coste, sta crescendo un leone che rischia di mangiarci.
GOFFREDO PISTELLI

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