IL PROGRAMMA OMBRA DI CASALEGGIO

M5S, il programma ombra di Casaleggio

Lo chiamano «il binario parallelo». È il progetto del capo a Cinque stelle per domani. Oltre il governo e il Parlamento. Oltre i partiti e i giornalisti. Ecco come l’Associazione Rousseau corre più avanti del Movimento. A uno la scena, all’altra gli smartphone. E i dati degli iscritti

M5S, il programma ombra di Casaleggio

«Avanti, alziamo le mani e ripetiamo: il cambiamento parte da me! Il cambiamento parte da me! Il cambiamento parte da me!». Sembra un incontro motivazionale per smettere di fumare, il credo laico di una qualche setta, un video per risvegliare le energie sullo stile dell’americana Donna Eden (molto apprezzata dalla ex fidanzata di Di Maio Silvia Virgulti). Invece ad arringare la platea è Giancarlo Cancelleri, già candidato governatore in Sicilia per M5S, referente della funzione Call to action sulla piattaforma Rousseau. Decine di braccia si alzano al suo grido, c’è anche quella di Manlio Di Stefano, di Nunzia Catalfo (funzione Lex, entrambi), dei soci Max Bugani e Enrica Sabatini, anche quella del presidente e dominus, Davide Casaleggio. «Il cambiamento parte da me!». Accade anche questo, all’ombra dei Cinque Stelle. È accaduto pure il 20 e 21 ottobre, al Circo Massimo: in piena festa M5S, la consacrazione di Rousseau. Spiegazioni, selfie, sorrisi. Il cambiamento parte da me.

Come l’ombra che Peter Pan è costretto a inseguire per i tetti di Londra, così l’Associazione Rousseau corre più avanti del Movimento dal quale in teoria origina. Più avanti, ma discreta. M5S ha il palco principale, il governo, la scena. Ma nonostante tutto, è come rimasto indietro: sta ancora in Parlamento, sugli striscioni. Mentre l’Associazione si estende online, lavora verso la democrazia diretta, adesso persino via sms. Sembra un format per il mercato internazionale. Più discreta, ma con un programma preciso. Lo si intravede ormai quasi sciorinato per punti. Gli eletti, il Parlamento, il capo dello Stato, il premier, i giornalisti, i partiti, e persino M5S alla fine: tutta roba da superare, di cui preferibilmente fare a meno. Alla fine della storia, quando come dice Davide Casaleggio «la partecipazione dei cittadini sarà intrinseca allo Stato», farà tutto ciascuno per sé, via telefono.

Il mito dell’Associazione
Sembrano boutade, invece sono ragionamenti seri. S’è fatto giusto ora un passo avanti. «Presentiamo una nuova funzione di Rousseau. Abbiamo avviato un nuovo sistema di iscrizione che passa direttamente dall’sms», ha annunciato Casaleggio a Italia 5 Stelle: «Non ci sono più scuse, la partecipazione è necessaria». Cittadini come consumatori: «Se un diritto viene utilizzato esiste, se trascurato muore». Mandate un messaggio e sarete iscritti. A cosa? All’Associazione, il cuore del Movimento – quindi anche al M5S. Del resto, ombra e luce sono ritagliati sugli stessi contorni, hanno la uguale forma ma non uguale sostanza. In luce, così, sta ciò che fa chiasso: i proclami di Grillo (in ultimo, quello che riguarda i poteri di Mattarella), i bisticci con la Lega sui confini del condono fiscale, le bocciature di Bruxelles alla manovra, insomma M5S. In ombra, ciò che è previsto per il dopo e che si costruisce in contemporanea, giorno per giorno. Un «binario parallelo», secondo la felice sintesi di Bugani. I pulsanti da spingere, la disintermediazione, l’idea che l’informazione sia a consumo, i diritti siano a richiesta, la politica sia qualcosa che al massimo può somigliare a una associazione di consumatori, una class action in servizio permanente effettivo.

I due piani – luce e ombra – convivono in piena armonia. Anche Luigi Di Maio, il più compiuto rappresentante dell’M5S che abbiamo davanti agli occhi, quello che conosce l’odore dei Palazzi e il sapore dei compromessi, l’ha spiegato benissimo, quando si è trattato di misurare la differenza tra ieri e oggi: il Movimento potrà anche essere cambiato, ma l’anima no. E l’anima – attenzione – è l’Associazione Rousseau: qualcosa che fino al 2016 nemmeno esisteva, ma che adesso la narrazione colloca in una dimensione eterna, precedente e quindi indiscutibile. Qualcosa che infatti ci sarà anche dopo. «Governeremo fino al 2023», assicura Giuseppe Conte parlando ai grillini. «Futuro 2050», c’è scritto in ogni manifesto della Associazione Rousseau. Ecco, già, la gittata differente. «Il Movimento è cresciuto talmente tanto che quasi non lo riconoscete più. Un po’ come quando mostrate la vostra foto da piccoli. Però, se guardate bene, c’è sempre quell’espressione che è rimasta la stessa», sdolcina Di Maio: «Perché c’è qualcosa che non cambia mai. La nostra anima è rappresentata dalla partecipazione, dalla condivisione, dall’orizzontalità. In una parola da Rousseau (…) La nostra anima non cambierà mai! Il nostro cuore continuerà a battere». Magari al ritmo dell’ultima suoneria scaricata dalla rete. «Prendete i vostri cellulari non solo per fotografare. Mandate un sms al 43030 con la parola stelle». Lo dice Davide Casaleggio, Valerio Tacchini, Gianluigi Paragone, Bugani. A ritmo martellante, ogni mezz’ora, al Circo Massimo, un piccolo happening ricorda la cosa agli attivisti, e invita tutti non soltanto a iscriversi ma a far iscrivere «amici e parenti»: consegnando così il proprio numero di telefono, associato a nome e cognome, e poi anche gli altri dati personali, al sistema ripetutamente bucato dagli hacker e sotto lente del Garante della privacy. È la democrazia diretta, bellezza. È il telefono che permetterà di saltare tutto, contribuendo non poco a realizzare il programma ombra già in azione.

In mezzo, niente
A partire da una delle vocazioni originarie, sin dai tempi del Vaffa day del 2007: sciò i giornalisti, astiosi e critici, e i giornali, che oltretutto costano. Il punto è in piena realizzazione. Importa poco che il sistema di contributi diretti all’editoria sia stato ridotto nel 2008 e abolito nel 2014 (le slide grilline riportano come riferimento «4 miliardi in 15 anni», cioè cominciano a contare dal 2003, cosicché la cifra è più corposa). O che, adesso, a poter accedere ai contributi siano solo cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro, periodici delle minoranze linguistiche, imprese che editano periodici diffusi all’estero, pubblicazioni per ipovedenti e associazioni di consumatori (esclusi, invece giornali organi di partito e tutti quelli partecipati da società quotate). In pratica, tra le 50 e le 60 testate, tra cui le maggiori sono Avvenire, Manifesto, Foglio, Libero, per un totale di circa 60 milioni di euro l’anno – ai quali si aggiungono agevolazioni come quelle per la telefonia che invece riguardano tutti i giornali (32 milioni di euro l’anno). È uguale. Su e giù dai palchi, in ogni sede, i giornali sono indicati come il nemico numero uno: ben oltre i soldi, più ancora delle varie opposizioni. L’ha fatto, anche sul palco di Italia Cinque stelle, la vice presidente del Senato Paola Taverna, come sempre efficace nelle sue sintesi: «Tante volte abbiamo visto criticare questo governo: tutti hanno avuto qualcosa da dire. Ma io vi racconto che ci sono solo due soggetti deputati a giudicare l’opera di un governo. Uno è il Parlamento. L’altro è l’opinione pubblica». In mezzo, niente: semplice no? Si chiama populismo.

«Ebbene voi oggi siete l’opinione pubblica, l’unica che può dire quello che un governo fa, e se lo fa bene. Siete voi l’ultimo tassello che permette di portarci fuori dal pantano, facendo sentire la vostra voce ogni giorno che ci criticano, ci insultano, mentono su quello che stiamo facendo». È l’opinione pubblica che deve difendere il governo dai giornalisti, spiega la Taverna: «Avete lo strumento di internet, che può spazzare via questa carta stampata che fino ad oggi ha raccontato solo quello che loro volevano, e non quello che volevate voi». Ecco, dunque, spazzare via i media: il governo si mette nelle mani dell’opinione pubblica. E viceversa, è il suggerimento: l’opinione pubblica si affidi direttamente al governo. Senza credere ad altri. Quindi, spiega sempre dal palco Vito Crimi, sottosegretario con delega all’Editoria, è «con grande orgoglio che vi comunico questa notizia: con la prossima legge di bilancio partirà la progressiva abolizione del finanziamento pubblico ai giornali: nel 2019 li dimezzeremo e nel 2020 spariranno del tutto». Perfettamente in tempo, peraltro, per l’inizio della terza guerra mondiale, profetizzata da Gianroberto Casalggio nel video Gaia. Nell’attesa, esulta via Facebook Taverna: «Non sono parole, lo stiamo facendo. Adesso capite perché li abbiamo tutti contro?» Ed ecco, magistralmente, la profezia che si autoavvera. I giornali sono critici perché li stiamo togliendo i soldi: mica per altro.

Modello Thailandia
Altro giro, altra corsa. «Dovete essere attori protagonisti delle vostre vite e partecipare», ammonisce il giornalista, oggi senatore, Gianluigi Paragone. E come si diventa protagonisti? «Prendete lo smartphone e inviate un sms al 43030». La faccenda potrebbe rasentare la televendita di materassi, ma invece è una perfetta operazione di marketing, nessuno la prende a ridere, nulla è fuori posto. Tra una «orecchietta monograno» e un «panino 6 cereali», Casaleggio, calato tra gli attivisti 5S più degli stessi ministri spiega che «la democrazia partecipativa non è pericolosa» e «la rete non impoverisce la democrazia, ma la consolida, mettendo il cittadino al centro della società».

Ecco: il cittadino al centro della società, ma con niente intorno. Il cittadino Stato, in mezzo al deserto. «Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile», aveva detto Casaleggio in una intervista alla Verità all’inizio dell’estate. Sempre grazie alla rete, naturalmente: tutte le forme di intermediazione diverranno via via non necessarie, è la profezia. Già adesso, c’è la piattaforma Rousseau, dove «ciascun cittadino può scegliere i propri candidati e proporre leggi». Via gli intermediari dunque, anche in politica: gli attuali eletti M5S, del resto, sono stati scelti proprio in virtù della loro capacià a rappresentare l’intercambiabilità del ruolo. Da «uno vale uno», a «uno coincide con tutto». Una evoluzione, secondo Casaleggio: «Non mettere una croce ogni cinque anni, ma partecipare, durante tutta la propria vita, a quella della comunità». Come accade in Thailandia, dove «già oggi c’è la possibilità per qualsiasi persona di fare una domanda a un ministro e ricevere obbligatoriamente una risposta: semplicemente facendo sottoscrivere una petizione a 5 mila cittadini». Ecco trovato lo strumento da mettere al posto delle attuali interpellanze e interrrogazioni, che oggi occupano una mezza giornata di lavori parlamentari. Si farà il Question time versione Thai.

Il “nostro modo di pensare”
Ed ecco spiegato perché, al di là dell’apparente casualità, nell’ultima sua uscita Grillo abbia parlato di «riformare» o addirittura «togliere i poteri» al presidente della Repubblica, argomentando l’ipotesi con il fatto che «un capo dello Stato che presiede il Csm ed è capo delle Forze armate non è più in sintonia con il nostro modo di pensare». L’apparente bizzarria è spiegabile dentro un universo nel quale è proprio il «modo di pensare», e non cose come la Costituzione, a fare da punto di riferimento. Cioè si inserisce in un sistema di pensiero dove – lo dice alla perfezione Casaleggio – i diritti sono qualcosa di fungibile, che compare a seconda della richiesta del pubblico, come accade per un comico richiamato sul palco dagli applausi. «Pensiamo ai diritti che abbiamo: sono diritti che nascono, o muoiono. A causa della società che li richiede, o non li richiede», predica Casaleggio. È così anche per le persone. Non c’è nulla di ultroneo: è tutto immanente, orizzontale. Così come – esempio fatto davvero, dal capo di Rousseau – il confine degli Stati è stato esteso dalla terraferma alle tre miglia marine soltanto quando è stata inventata la palla di cannone (la cui gittata era appunto a tre miglia), altrettanto la democrazia rappresentativa è figlia del suo tempo, sarà superata. Sembra una boutade? Non lo è.

Nel frattempo, dopo aver trasformato il parlamentare in un mero «portavoce», il sistema Casaleggio è riuscito a far «evolvere» la figura del presidente del Consiglio in «mero esecutore». Riluce, in questo senso, la figura di Conte. Evidentemente più a suo agio nelle università, ma ormai avvezzo anche a presentarsi alle piazze. Magari per annunciare, come ha fatto, che il suo stipendio è ancora più basso: ora supera di poco i 90 mila euro, cioè abbiamo un premier che percepisce come stipendio poco più della metà del suo portavoce Casalino (169 mila euro). Servirà ancora un presidente del Consiglio nel futuro? Forse Casaleggio lo farà chiedere agli iscritti alla piattaforma Rousseau, via sms. Nel frattempo, si dice certo che tra dieci anni nemmeno M5S servirà più, perché «la partecipazione dei cittadini sarà intrinseca nello Stato». Cioè le due cose si saranno fatta una, in un modo o nell’altro.