Mario Draghi avverte: la sfida per rilanciare la competitività “è esistenziale per l’Europa”. E senza un deciso cambio di rotta, “l’Ue rischia di compromettere il suo benessere, l’ambiente e la sua libertà”.
La produttività in Europa stenta, mentre la crescita rallenta da decenni. Tra il Pil dell’Unione e quello degli Stati Uniti si è creato un profondo divario mentre su base pro capite, dal 2000 a oggi, il reddito disponibile reale in America è cresciuto quasi il doppio rispetto all’Ue. Le famiglie europee pagano il prezzo di questo ritardo in termini di standard di vita persi e se non si procede con un cambio di rotta radicale e in tempi brevi il rischio è che l’Europa “non riesca a preservare il suo modello sociale” mentre la popolazione dei 27 invecchia. Mario Draghi suona l’allarme in conferenza stampa congiunta con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e presentando il suo rapporto sulla competitività del Vecchio Continente pone l’accento sui freni strutturali che in questi decenni l’hanno soffocata: il ritardo nella capacità di innovazione, l’aumento dei prezzi dell’energia, la mancanza di manodopera specializzata, e la mancanza di capacità di difesa comune. La prima cosa che si evince dal rapporto dell’ex governatore della Banca Centrale europea è che la sfida per il rilancio della competitività è urgente e ineludibile. E che l’unico modo per affrontarla è crescere e diventare più produttivi, preservando valori e diritti fondamentali senza i quali l’Europa “avrà perso la sua ragione d’essere”. Per diventare più produttiva però, l’Europa dovrà “cambiare radicalmente” scrive Mario Draghi sottolineando che la produttività “è una sfida esistenziale per l’Ue”. Non possiamo più ignorarlo: le condizioni sono cambiate ha aggiunto Draghi in conferenza stampa, sottolineando che il documento presenta circa “170 proposte, attuabili da subito”.
La prima area di intervento individuata nel documento è quella dell’innovazione. L’Europa ha perso in gran parte la rivoluzione digitale guidata da Internet e i guadagni di produttività che ha portato: l’Ue, spiega Draghi “rimane debole nelle tecnologie emergenti che guideranno la crescita futura”. Al contrario, le aziende europee sono specializzate in tecnologie mature in cui il potenziale per le innovazioni è limitato. “Il problema non è che all’Europa manchino idee o ambizioni – si legge nel rapporto – Ma l’innovazione è bloccata nella fase successiva: non si traduce in commercializzazione e le aziende innovative che vogliono espandersi sono ostacolate da normative incoerenti e restrittive. Per invertire questo trend, il rapporto propone una serie di soluzioni: da un piano di riforme accompagnato dall’aumento degli investimenti pubblici e privati a 800 miliardi l’anno – anche eventualmente attraverso l’emissione di debito comune –, fino agli investimenti in infrastrutture informatiche e di connettività per ridurre i costi di sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Al secondo punto, il rapporto individua la necessità di continuare sulla via della decarbonizzazione ma abbassando il costo dell’energia. Attualmente le aziende europee affrontano prezzi dell’elettricità e del gas naturale molto più alti di quelli americani. A meno che l’Europa non trasferisca meglio i vantaggi dell’energia pulita agli utenti finali, i prezzi dell’energia continueranno a frenare la crescita. “La decarbonizzazione potrebbe rappresentare un’opportunità per l’Europa, sia per assumere la guida di nuove tecnologie pulite e soluzioni di circolarità, sia per spostare la produzione di energia verso fonti di energia pulita, sicure e a basso costo, in cui l’UE ha generose dotazioni naturali”, si legge nel documento. “Tuttavia, se l’Europa riuscirà a cogliere questa opportunità dipenderà dal fatto che tutte le politiche siano coerenti con l’obiettivo di decarbonizzazione. Se così non è il rischio è che ’più green’ finisca col far rima con ‘contrario alla competitività e alla crescita’. Su questo punto devono concentrarsi i paesi comunitari, sapendo che i capitoli ‘clima’ ed ‘energia’ devono essere affrontati insieme.”
La difesa merita un capitolo a sé. Mentre l’era della stabilità geopolitica svanisce, l’Europa si scopre particolarmente esposta e non può più contare sugli altri per la propria sicurezza. “Finora l’Ue ha fatto affidamento su una manciata di fornitori per materie prime essenziali ed è fortemente dipendente dalle importazioni di tecnologia digitale” osserva il rapporto. Inoltre, presenta un’industria della difesa molto frammentata. Il documento raccomanda quindi di aumentare i finanziamenti europei per la ricerca e di concentrarli su iniziative comuni. Questo approccio potrebbe essere sviluppato attraverso nuovi programmi a duplice uso e una proposta di progetti europei di difesa di interesse comune per organizzare la necessaria cooperazione industriale”. Infine, il nodo finanziario e istituzionale, strettamente legati: “Una nuova strategia industriale a livello europeo – sostiene l’autore – non avrà successo senza cambiamenti paralleli nell’assetto istituzionale e nel funzionamento dell’Unione”. In questo senso, l’ex banchiere propone di incentivare misure a favore della competitività usando il bilancio comunitario, estendendo il voto a maggioranza qualificata “a più aree” auspicando anche, nei casi di stallo, il ricorso alla “cooperazione rafforzata”.
Se il rapporto dell’ex banchiere centrale – oltre 400 pagine redatte con l’aiuto di funzionari della Commissione – era molto atteso, il suo impatto reale sarà tutto da vedere. Le proposte di Draghi – finanziare una maggiore spesa comune, integrare il mercato unico ed eliminare i veti nazionali – non sono una novità e finora hanno sempre incontrato forti resistenze da parte degli stati Ue. Ed è difficile prevedere ora un brusco cambio di rotta, proprio mentre molti governi europei cercano di far fronte a un calo di popolarità o sono sotto pressione elettorale. Ma l’Europa non può più permettersi aspettare: in gioco sono “suo benessere, l’ambiente e la sua libertà”. Ci sono diverse strade in cui procedere. Ciò che non si può fare è accumulare altro ritardo
“Sulla natura epocale delle sfide per l’Ue Draghi non ha dubbi: “se non agisce, l’Ue rischia di compromettere il suo benessere, l’ambiente e la sua libertà”. In altri termini, o agiamo subito o ci avviamo verso un inesorabile declino. Draghi scrive dunque il suo ‘ricettario’ per recuperare competitività e assicurare una crescita sostenibile. Molte le misure che vengono indicate ma in primis si tratta – giustamente – di spronare gli investimenti produttivi pubblici e privati. L’ostacolo per l’Europa non è però solo quello di approntare il “ricettario” (molte delle proposte di Draghi non sono né nuove né sorprendenti) quanto piuttosto quello di farlo usare dai “cuochi”, ovvero dai politici europei. Mentre riemergono i nazionalismi si vorrà davvero procedere a un nuovo debito comune, si troverà la quadra sulle politiche industriali, si riformerà il bilancio Ue togliendo ad alcuni per dare ad altri? La sfida epocale per l’Ue è prima di tutto politica e poi economica”.